Nato a Gela (CL) nel 1982
Gli scenari dipinti da Emanuele Giuffrida sono evidentemente malinconici e metafisici, animati da una nostalgia che ricorda le tele di Hopper. Alla base della pittura densa e decisa di Giufrida c’è sempre il disegno. Disegno che permette all’immagine di acquisire una nitidezza fotografica che disorienta lo spettatore mettendolo di fronte agli enigmi e ai dubbi dell’esistenza quotidiana. Giuffrida interagisce con l’osservatore affinché questi possa “entrare” nella sua visione. Per questo, spesso, l’artista crea delle prospettive che fuggono verso la profondità come a voler introdurre e inglobare lo sguardo dello spettatore all’interno dell’immagine. Le tele di Giuffrida sono cronache della società contemporanea composta da individui solitari, chiusi in una sempre più grave incomunicabilità. Immagini di luoghi anonimi, disadorni e perturbanti dove le identità si smarriscono dileguandosi in tracce e assenze. Vagoni della metropolitana, bagni pubblici, sale da biliardo, corsie d’ospedale: ambienti normalmente affollati e caotici diventano taciturni, desolati, angoscianti. Con uno stile espressivo che, nelle opere più recenti, appare sempre più spoglio ed essenziale, e per questo ancora più sconvolgente, Giuffrida riflette sempre e comunque il peso dei pensieri e delle considerazioni sui malesseri esistenziali; così come il suo opposto: la mancanza di pensiero e le lacune che ne derivano. (Fabiola Di Maggio, Dottorato di Ricerca in Scienze del Patrimonio Culturale, 2020)
RISO - Museo d'Arte moderna e contemporanea di Palermo
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