Intimamente legato ai temi dell’erotismo e della pornografia, il lavoro di Rossana Buremi sfrutta il potere dell’ambiguità visiva e linguistica: utilizzando materiali tipicamente infantili, quali il pongo, l’artista costruisce scene dal sapore ludico ma dense di provocazione, a cui appone titoli improbabili tratti dai romanzi rosa Harmony. Scaturite da una sorta di monomania, come la stessa Buremi ama definire la propria condizione psicologica, le sue opere vivono in quanto rappresentazione di una ossessione che non cerca né cura né redenzione. Divenendo linguaggio – e dunque trovando una forma e un possibile contenimento – quest’ossessione indomata si nega ma non si risolve, grazie a un’arte che funziona come reiterazione di uno stato vitale. Un’arte che dunque include il turbamento, lo articola, lo plasma e in qualche modo, forse, lo sublima. Le scene immaginate da Buremi, in cui si muovono con peccaminosa grazia ed ironica lascivia personaggi di epoche lontane, prendono vita all’interno di una trinità bidimensionale che si compone di “ossessione, colpa, consapevolezza”. Sono situazioni fortemente ambigue, da cui il senso scivola via e in cui il sentimento morale non trova posto. Non c’è racconto, non c’è messaggio, non c’è copione. Paesaggi naturali, angoli di interni domestici e intrecci di corpi si appiattiscono su fondi fatti di tessuto, pongo e pittura, spesso privi di spessore e di prospettiva. Scene compresse nello spazio soffocante e irrisolto di una costante autoreferenzialità estetica. (Helga Marsala, in "Archivio S.A.C.S. 2009-2011 - Palermo", Regione Siciliana, Dipartimento BB.CC. e I.S., 2011)
RISO - Museo d'Arte moderna e contemporanea di Palermo
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