La ricerca artistica di Zoltan Fazekas risale alla fine degli anni ‘80. In quegli anni, diversi artisti internazionali ripropongono una pratica artistica risalente agli anni 60 che si incentrava sulla definizione e sulla prassi dell’archivio. Se nell’ambito concettuale la pratica dell’archivio era assunto essenzialmente come procedimento (si pensi a Card File di Robert Morris), durante gli anni ‘80, ma anche nelle più recenti pratiche artistiche contemporanee, “l’archivio” si è trasformato in un luogo dell’arte. Un luogo (un teatro) della memoria e, insieme, una forma espressiva caratteristica del fare arte contemporaneo. Punto di partenza di Fazekas è stata la fotografia documentaristica e in special modo le immagini trovate nel proprio archivio familiare. Di origine ungherese, l’artista nel 1996 arriva in Italia come giocatore professionista di pallanuoto. Da quel momento l’archivio familiare si “apre” alle vite degli altri, agli amici siciliani (come, ad esempio, ne La famiglia, installazione fotografica e Super 8, del 2010), sempre e comunque attraverso la pratica della fotografia come reperto trovato, dell’immagine fissa, e dell’immagine in movimento attraverso il fascino un po’ retrò della pellicola super 8. L’idea e la pratica dell’archivio si presentano come un dispositivo (e non un semplice contenitore) mediante il quale l’artista, attraverso “materiali” deliberatamente anacronistici (come il Super 8) ricostruisce storie personali o legate ad accadimenti sociali attuali (come nel caso dei migranti). E l’anacronismo, specialmente quello tecnologico, riconduce a un tempo e a un modo di vedere che più che alla storia personale si rifà a un dismesso regime estetico. (Giovanni Iovane, Archivio S.A.C.S. 2013/14)

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Zoltan Fazekas

"La bandiera nazionale", 2010, stampa a getto d'inchiostro applicata su alluminio, 100x100 cm