Allieva di Andrea Di Marco e Francesco De Grandi, Stefania Artusi avvia la sua ricerca nel dominio della figurazione, con uno dei temi classici quale quello del corpo. L’artista si dice animata dalla volontà di arrivare all’essenza, a quella che definisce “aura” dei suoi soggetti. Dapprima rappresenta la transitorietà carnale evocando la figura umana – maschile come femminile – attraverso una sottile linea, che racchiude solo lacerti di pittura (Boy with grass leaves on his hand e Untitled, entrambi 2012). Si cimenta in varie tecniche, realizzando una serie di lavori a china su carta (Fottuti ricordi, 2011). Sperimenta anche superfici poco ortodosse come la carta da parati, su cui dipinge con inchiostro calcografico (Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 2013). Utilizza inoltre diversi media, lavorando con l’installazione e la performance (che, pur nella differenza di linguaggio, considera legata alla pittura dall’immediatezza). Subentra quindi nella pittura di Artusi un interesse per la superficie, lavorata con un’accentuazione gestuale (Holidays, Rotkappchen, entrambi 2013). Nelle prove più recenti dello stesso anno (Kunstdunger, Ring ring, mi annoio), l’artista varia la propria formula pittorica proponendo una sintesi dei momenti precedenti: queste tele si basano infatti sul dialogo tra l’immagine figurale, suggerita dal solo contorno lineare, e lo sfondo, una superficie piuttosto differenziata di natura astratta. (Cristiana Perrella, Archivio S.A.C.S. 2013/14)

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Stefania Artusi

"Cut it down you'll find something at the roots", 2017, public performance, Berlin. Foto di Luca Lo Monaco - Courtesy of the artist