La straordinaria perizia tecnica di Giovanni Iudice è la prima cosa che balza agli occhi, osservando le sue tele e i suoi disegni. Il suo è un talento della mano ma anche, e soprattutto, dello sguardo. Iudice è un pittore realista, indubbiamente. L’osservazione del dato sensibile punta al raggiungimento di una esattezza impeccabile nel processo di trasformazione del visibile in immagine: luoghi, volti, figure vengono trasposti tra maglie cromatiche, traiettorie luminose e griglie spaziali, consentendo una osservazione del reale lenta e meticolosa, diluita nel tempo. Al punto che nessun dettaglio possa dissolversi nella consueta mutevolezza e instabilità dei nostri occhi e dei fenomeni stessi. E' già questa è una sottile contraddizione: il realismo, sfiorando un eccesso di visibilità, travalica il reale stesso, consentendo una percezione del mondo differente, dettagliata, ravvicinata, lucidssima, prolungata. Una tempesta di segni minimi e minime vibrazioni. E andando ancor più a fondo, pare che questo eccesso di realtà si traduca, paradossalmente, in una sospensione misteriosa, un senso di smarrimento e di interrogazione sommessa. Più avanza l’evidenza dell’ente, più si ritrae il senso dell’essere. L’utilizzo della grafite e del bianco e nero, o la predilezione per colori smorzati, pacati, rarefatti e mai squillanti, contribuisce ad ammantare di un umore malinconico le scene: dalla grandi spiagge spoglie, con poche figure sparse, alle folle di clandestini che osservano un orizzonte vuoto, fino ai tiepidi paesaggi siciliani, si rivela un universo popolato da soggetti tratti dal quotidiano. Talmente inessenziali e veri, da raggiungere lo status di fenomeni del pensiero, dissolti nell’ambiguità dell’essere. (Helga Marsala, in "Archivio S.A.C.S. 2009-2011 - Palermo", Regione Siciliana, Dipartimento BB.CC. e I.S., 2011)

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Giovanni Iudice

"Spiaggia", 2009, tecnica mista su tavola, 125x180 cm, collezione privata