Gran parte della produzione artistica recente di Antonio Miccichè è fondata sul disegno; matita su carta, talora di grandi dimensioni, o penna bic. Parte di questi disegni hanno come soggetto il paesaggio siciliano ma non sono infrequenti luoghi internazionali, da New York, a Gaza, da Helsinki a Genova. Come alcuni fotografi, quelli che una volta erano soliti effettuare grandi reportages, Miccichè lavora attraverso serie con titoli precisi e indicativi : “Inside Outside” (2011), “ Happy Hours” (2008-2010) o “Viaggio in Sicilia” (2007). Tuttavia, la pratica del disegno (un disegno in questo caso di maestria fuori dal comune) ha un tempo differente dall’istantaneità della testimonianza diretta fotografica. Un tempo lungo in cui la testimonianza si articola, piuttosto che nel lavoro del ricordo, in quella costruttiva, e per certi versi cieca, della mano. Il disegno non fa parte delle pratiche artistiche contemporanee. Fa una grande eccezione a questo stato di cose, William Kentridge che ha riportato in auge (e, soprattutto, anche all’attenzione della critica post concettuale internazionale) il disegno a carboncino, come elemento costitutivo dei suoi film d’animazione. Il disegno di Miccichè è invece felicemente anacronistico perché esclude anche qualsiasi possibilità di “movimento”. Si ritaglia una sua inquadratura e resiste a qualsiasi finzione nostalgica (come movimento del rammemorare) o ad attività indiziarie, come nel caso di Mr. Neville, il disegnatore che nel film del 1982 di Peter Greenaway, The Draughtsman's Contract, riproduce fedelmente nei suoi disegni gli indizi dell’omicidio di Mr. Herbert. A differenza di Mr. Neville, Miccichè ritrae ciò che sa e non ciò che vede; disegna una immagine evocativa e non semplicemente descrittiva. (Giovanni Iovane, Archivio S.A.C.S. 2013)

Antonio Micciché

"Ad continuum infinitum", 1994, tecnica mista su tavola, particolare