Sanfilippo
Nato a Partanna (Trapani) nel 1923, ha vissuto a Roma dove si è spento nel 1980.
Antonio Sanfilippo frequenta nel 1938 il Liceo Artistico di Palermo, dove studia, come allievo di Michele Dixit, con Ugo Attardi e Pietro Consagra. Nel 1942 risulta vincitore per la scultura ai “Ludi juveniles dell’Anno XX”, organizzati dal regime a Palermo, e al “Festival della Gioventù Europea” a Firenze, dove si iscrive all’Accademia di Belle Arti. Nel 1944 continua gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, dove conosce Carla Accardi che sposerà cinque anni più tardi. Partecipa nel 1945 alla prima grande collettiva palermitana e nello stesso anno tiene la sua prima personale presso la sede dell’A.I.R. (Architetti Ingegneri Riuniti). Completa gli studi a Firenze nel 1946 e da qui si trasferisce a Roma, dove viene raggiunto da Carla Accardi e da Ugo Attardi e dove già si trovava Pietro Consagra ospite di Renato Guttuso, punto d’appoggio di alcuni artisti isolani. Roma rappresenta l’apertura ad una cultura artistica internazionale e Guttuso, rifacendosi in quel momento a Picasso, rappresenta l’artista più moderno e più aggiornato. Grazie ad uno scambio culturale tra studenti, a cui partecipano Accardi, Consagra, Attardi, Turcato e Vespignani, la diretta conoscenza a Parigi dei principali artisti europei del Novecento, quali Picasso, Magnelli, Kandinsky, porta Sanfilippo alla scoperta dell’astrattismo europeo e della pittura geometrizzante francese. Il 15 marzo 1947 Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato fondano a Roma la rivista Forma, mensile di arti figurative e firmano il manifesto che appare sul primo e unico numero pubblicato. La pubblicazione del manifesto con la dichiarazione “ci proclamiamo formalisti e marxisti”, nel tentativo di conciliare le opinioni politiche del gruppo con la scelta dell’astrattismo, provoca reazioni dirompenti. Le divergenze estetiche tra i sostenitori dell’arte astratta e i fautori di un’arte figurativa d’impegno civile sono forti: Palmiro Togliatti, segretario generale del P.C.I. condanna senza mezzi termini l’astrattismo, schierandosi a favore del realismo sociale. L’adesione al linguaggio astratto connoterà l’attività dei firmatari del cosiddetto Gruppo Forma o Forma 1, tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. Non mancarono successi e riconoscimenti, come nel 1948 l’invito alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia; agli inizi del 1951 l’attività del gruppo ebbe fine ed ognuno proseguì secondo la propria personalità.
Dopo le polemiche enunciazioni del manifesto, dal concretismo di matrice cubista e costruttivista, sulla scorta della frequentazione di Guttuso, l’artista individua la propria strada che lo porterà, a definire un linguaggio proprio, autonomo e maturo, quello che è stato chiamato il “segno” di Sanfilippo, diventando uno degli artisti più rappresentativi della sua generazione. Dopo le prime esperienze che risentono ancora dell’influsso dei pittori geometrizzanti visti in Francia, con esiti astratti puramente decorativi, l’artista imposta i dipinti sul piano della ricerca spaziale e dinamica. Dal 1953, in poi il “segno” colorato di Sanfilippo, di forma minuta e movimentata, riempie la superficie del dipinto in una sorta di horror vacui con un ritmo dettato dall’esigenza cromatica ed emozionale della composizione, che oscilla tra macchie e segni annodati e snodati, volute e curve. Guardando le ricerche condotte in Francia da Wols e in America da Pollock, la scoperta del segno e la relazione lirica fra segni e spazio sono documentate dalle tempere degli anni Cinquanta e Sessanta: nitidi sintassi visive, percorsi possibili della mente concentrati o dilatati nello spazio, tracce di una astrazione che l’artista affida ad un colore timbrico e puro, a un sistema che pone in relazione accumuli di segni più o meni uguali, concatenati in costruzioni spaziali corpose, dense, sciolte o addensate sugli intervalli della tela bianca.
Tre le opere dell’artista, firmate e datate, appartenenti al periodo 1958-1963, che sono state acquisite nella collezione del Museo regionale d’arte moderna e contemporanea di Palermo.
Senza titolo del 1958 si connota ancora per la tessitura dei colori nero, bianco, rosso, ocra e marrone, dettati con evidenza dal ritmo della pennellata corposa: accumuli di segni concatenati in ammassi densi su intervalli di silenzio della tela bianca; mentre Senza titolo del 1961 quasi un monocromo bianco-nero, ma ricco di inflessioni tonali di grigio, bianco e nero luminoso, costruito in verticale da due zone di segni sovrapposti inframezzate da una pausa di silenzio che riflette la ricerca spaziale attraverso la costruzione di nuove “figure” che evocano nuvole, gorghi e voragini; ed infine Dopo secoli del 1963 che mostra l’evoluzione verso la ricerca del segno piccolo già evidente nel segno calligrafico, rimpicciolito e nell’uso del colore, ridotto ai tre toni del rosso, dell’arancio con l’aggiunta del verde. La sua cifra stilistica si evolverà verso segni sempre più minuti, bacilliformi e stenografici, chiusi in se stessi, orchestrati intorno a pochi colori in uno spazio saturato in ogni suo punto: è il tema fondamentale della sua pittura che caratterizzerà la produzione degli anni 1963-1966.
Dal 1971 l’artista riduce la produzione pittorica e la sua attività espositiva dedicandosi alla ricerca plastica e alla grafica. Muore a Roma a seguito di un incidente stradale il 31 gennaio 1980.
Dimenticato dalla critica, dopo la prima mostra postuma organizzata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la fortuna critica di Sanfilippo si è consolidata come denotano le numerose mostre dei suoi dipinti in Italia e all’estero; tra le tante si citano la mostra monografica dedicata all’artista a cura di Fabrizio D’Amico tenuta al MART nel 2001 e l’esposizione organizzata alla fine del 2005 al Museo d’Arte Contemporanea di Roma sul nuovo linguaggio contemporaneo dal secondo dopoguerra.
Nel 2007 nasce l’Archivio Sanfilippo e viene pubblicato, a cura di Giuseppe Appella e Fabrizio D’Amico, il “Catalogo generale dei dipinti dal 1942 al 1977”.
Nel gennaio 2012 il MUSMA di Matera, che recentemente ha avviato iniziative indirizzate alla ricognizione di periodi e personalità dimenticate o sommerse dell’arte italiana del dopoguerra, ha inaugurato la mostra “Ricordo di Sanfilippo. Sculture, dipinti, disegni, progetti, dal 1944 al 1979”, con la quale si ricostruisce un tassello determinante di quella stagione poco indagata dalla quale emerge l’artista siciliano come attento protagonista delle vicende della sua generazione.
Benedetta Fasone