Cossyro
Michele Cossyro Valenza nasce a Pantelleria nel 1944, vive e lavora a Roma.
Il legame con la terra d’origine, gli elementi naturali, il mare sono alla base di quella personale attenzione per l’ambiente Mediterraneo presente, nella produzione artistica di Michele Cossyro, a partire dai suoi esordi, sotto forma di metafora.
Allievo di Pericle Fazzini, presso la Scuola di Scultura dell’Accademia di Belle Arti di Roma, le sue prime produzioni sono legate al mondo della moda e del gioiello, ambito nel quale mediante il recupero di tecniche antiche, come quella della cera persa, e grazie alle sue innate capacità manuali – egli stesso ama definirsi “Artista faber” -, plasma e realizza vere e proprie microsculture in oro e argento.
Anche nella pratica artistica il linguaggio metaforico si coniuga al controllo delle sperimentazioni tecniche e della materia, dei cromatismi e dei dati strutturali. Attraverso un linguaggio astratto e fenomenico, che utilizza la luce e i piani scoscesi, Michele Cossyro realizza lavori sul mare, opere oggettuali, organismi plastico pittorici che, ben presto, frammenterà e disseminerà alle pareti o in installazioni ambientali.
La tendenza a ridurre al minimo le qualità della pittura lo porta a mostrare il telaio nudo, la struttura e il supporto dell’opera. A queste parti affianca zone dipinte ad olio su tela, pur sempre attraverso l’adozione di canoni astratti. Il legno/supporto e la tela/dipinto saranno presenti in un binomio inscindibile anche nella produzione successiva.
Costante è anche l’attenzione allo spazio, frutto di intuizione artistica e di un universo immaginario che affonda le radici nelle tradizioni e nel vissuto personale dell’artista, in particolare, nella sua Pantelleria, fonte evocativa di luce, acqua, vento, materia.
L’olio su tela viene “tirato” su una struttura in legno che fa da supporto e che, inizialmente, tende alla verticalità, ed è spesso completata dall’inserimento di un amo, di un sughero, di un filo da pesca, evocativi del suo mondo di origine. Quel legame antico tra l’uomo e il mare verrà reso in maniera più esplicita nella serie “Carene”, degli anni 1966-77, opere nelle quali gli elementi geometrici lignei reiterati suggeriscono le carene di una barca. In tale ambito creativo va anche ascritta l’opera Situazione1976 – La barca, 1976 in bronzo, legno e acciaio che materializza l’esperienza pittorico plastico delle “Carene” in un’imbarcazione residuale, propria di un linguaggio “poverista”, metafora del viaggio e del mare per eccellenza.
Negli anni Ottanta Cossyro affronta una serie di quadri ad angolo, che definisce “Narciso”, nei quali la pittura guarda se stessa, e approfondisce l’idea di una oggettualità pittorica che si rispecchia scomponendosi percettivamente. Questa idea del rispecchiamento si esplicita in forme che guardano e cercano l’angolo o si compongono in una serie di elementi speculari.
Negli stessi anni Cossyro rinnova la sua ricerca verso l’articolazione e la disseminazione delle opere nello spazio, attraverso una frantumazione iconografica e formale. Si tratta di installazioni che coinvolgono sia la parete sia il pavimento.
Appartengono a questa fase le opere Geometrie d’acqua – Derivazione stellare n. 3 del 1989 e I cassetti del mare del 1988-1989, esposte all’Albergo delle Povere di Palermo nella mostra “Universi” (12 luglio – 19 ottobre), a cura di Bruno Corà, e che l’artista ha donato per la collezione del Museo. Si tratta di due grandi installazioni che utilizzano principalmente l’olio su tela e lo specchio per realizzare una fenomenologia che fa leva sulla luce, sulla pittura e sulla rifrazione di essa in relazione al movimento dell’osservatore.
L’opera Geometrie d’acqua – Derivazione stellare n. 3 si articola in due parti: una sulla parete, considerata elemento matrice, in olio dipinto su tela e “tirato” su legno; l’altra su una base di acciaio inox specchiante poggiata sul pavimento, “corpo” composto dalla iterazione attorno a un asse centrale dell’elemento plastico matrice, che si alterna alle parti interamente a specchio. Il corpo dell’opera è svuotato ma emblematizzato sia dal colore a olio, sia dagli specchi e dalla lastra in acciaio che ne consente il rispecchiamento. Il titolo e la forma data dalla struttura testimoniano di una ricerca al passo con la speculazione scientifica, che nel corso degli anni si farà più esplicita.
L’opera I cassetti del mare si articola in sette elementi in legno sui quali, ancora una volta, viene “tirata” la tela dipinta ad olio con segni colore che alludono al mare. La struttura si dilata nello spazio a cercare l’angolo con una sottile striscia di tela dipinta dalle tonalità sempre più chiare, evocative della luce e della vita, non appena svetta dall’angolo. L’opera allude alla preziosità del mare, alla necessità di salvaguardarlo come un bene da custodire in un cassetto. Lo spettatore viene coinvolto percettivamente e fisicamente dalle differenti profondità, sugerite dal degradare delle tonalità del blu degli elementi che si incastrano. Lo sguardo è così sollecitato a una dinamica che ancor prima d’essere ottica è mentale.
Lo svuotamento presente in queste due opere porta l’artista verso ulteriori sperimentazioni dell’assenza di materia nella serie delle pitto-sculture “Nasse”, metafora della interconnessione della rete internet in termini critici in quanto alludono, negli intrecci e nei vuoti da essi derivanti, alle gabbie e agli inganni di una comunicazione globalizzata.
La produzione artistica di Cossyro, a partire dagli anni Duemila, si caratterizza per il recupero e l’utilizzo di materiali “classici” che si piegano ad una nuova restituzione segnica: bronzo, ceramica, mosaico spesso in dialogo con i segni carboncino tracciati alle pareti, in continuità con gli elementi che compongono l’opera, sintesi di pittura, scultura, installazione.
Appartiene all’ultima ricerca di Michele Cossyro, l’altra opera donata al Museo, Materia oscura del 2014, appositamente realizzata per la mostra “Universi”. Con questo lavoro in ceramica, in sintonia con le più estreme domande della fisica contemporanea, l’artista ci invita a considerare l’ultimo dei grandi e inquietanti fenomeni, quello della “materia oscura”, scoperta nel 1934 dall’astronomo Fritz Zwicky come anomalia nell’ammasso di galassie definite Chioma di Berenice. L’opera è una delle prime rappresentazioni di tale fenomeno, omaggio di un lavoro artistico a entità ignote.
Ciò conferma quella particolare sensibilità di Cossyro, la cui esplorazione di contenuti analoghi aderisce, e persino talvolta anticipa artisticamente, a livello intuitivo e poetico, alcuni aspetti della speculazione scientifica.
L’arte si confronta con la fisica e l’astrofisica e con i quesiti contemporanei quali la “Teoria delle stringhe”, i “Buchi neri”, “La materia oscura”. Come Fontana con i suoi “buchi” o “Concetti spaziali”, anche Cossyro riesce a fornirci una restituzione estetica, una intuizione artistica delle forze che da sempre dominano il cosmo. La teoria delle stringhe che unifica la gravità all’elettromagnetica dà vita a sinuose linee che vibrano nello spazio della parete come corde o fruste in forme serpentinate realizzate in mosaico con tessere vitree e ardesia, una tecnica antica riutilizzata per forme e contenuti contemporanei.
La perizia tecnica e manuale viene ribadita dalle linee tracciate a mano dall’artista con il carboncino che si intersecano con andamento analogo agli elementi in mosaico.
La tecnica del mosaico è utilizzata anche nei suoi celebri “Buchi neri”, caratterizzati da un’estrema attenzione nella disposizione delle sfumature di colore delle tessere vitree all’interno di un elemento conico, forma metaforica del buco nero. Questo è spesso adagiato su una lastra in acciaio, per terra, o sospeso in aria, a suggerire, con le sue policrome luminose, il vortice dell’attrazione gravitazionale delle particelle e la cattura della luce al suo interno.
Rosaria Raffaele Addamo