Simeti
Francesco Simeti, nato a Palermo nel 1968, vive e lavora a New York.
L’opera Artificio, esposta alla Quadriennale d’Arte di Roma del 2006, come le altre facenti parte della stessa serie, è composta da una sequenza di stampe digitali, lucide e a colori forti, raffiguranti esplosioni, che, a un primo sguardo, non si riconoscono necessariamente come tali. Il titolo è un gioco di parole basato su fuochi artificiali, oltre che sull’artificio. L’artista utilizza spesso immagini d’orrore, distruzione ambientale e sofferenza offerte dai media, che modifica al computer per creare composizioni fotografiche e pittoriche in cui fa leva sull’ambiguità insita fra ciò che è mostrato e la difficoltà di definirne la genealogia. Come in molti dei lavori precedenti, anche in quest’ultimo emerge una tensione tra ciò che è reale e ciò che è artificiale, in termini concettuali e anche visuali. Spesso le sue immagini sono stampate su carta da parati, così da ricreare interi ambienti che circondano lo spettatore. Ma l’ aspetto decorativo e rilassante dei wallpapers, nei dettagli rococò utilizzati o nei motivi floreali, funziona come uno scenario che solo apparentemente “neutralizza” ciò che mostra, destabilizzando in un secondo momento lo spettatore che scopre in essi qualcosa che sovverte l’impressione iniziale di bellezza e armonia. “Ed è con questa tensione tra bello e seducente e sinistro e disturbante che gioca il lavoro di Simeti” (Katerina Gregos, a cura di, Bellezza pericolosa, in catalogo Francesco Simeti, Vitamin Arte Contemporanea, Torino, 2005, p.26) . Lo si può osservare anche nella installazione Wasteland , realizzata nel 2011 dove la percezione di meraviglia di fronte a un apparente scenario incontaminato lascia presto il posto alla sensazione di inquietudine provocata dall’individuazione dei segni della sua deturpazione. Con l’opera Proscenio Francesco Simeti ha recentemente vinto il concorso “Una facciata per Palazzo Riso”, bandito dal museo stesso e rivolto agli artisti siciliani inseriti nell’archivio S.A.C.S, con l’obiettivo di realizzare un allestimento temporaneo della sua facciata con attenzione al rapporto tra spazio museale e area urbana circostante. L’artista si è ispirato ai tradizionali festeggiamenti in onore di Santa Rosalia, patrona di Palermo, evocando con una serie di motivi luminosi, che ricordano nuvole e anelli di fumo, l’atmosfera delle luminarie presenti durante tali occasioni di festa, e realizzando così un intervento scenografico strettamente collegato alla storia della città. Come afferma l’artista stesso, “A partire dal 1600 le facciate dei palazzi di Corso Vittorio Emanuele sono state un punto di vista privilegiato da cui seguire la cerimonia (…). E’ questa dinamica del guardare e l’interesse per un evento simbolo della città, che mi ha portato a pensare ad una sorta di ribaltamento di prospettiva, un cambiamento in cui sia il fronte del palazzo a divenire questa volta luogo dello spettacolo, ad essere il soggetto dello sguardo (…), ho voluto popolare le balconate con delle presenze stranianti, artificiali”. Decine di uccelli, infatti, aironi e fagiani, esemplari artificiali, presenze ricorrenti nelle opere dell’artista, in questo caso funzionali al tono festoso dell’installazione, prelevati da un catalogo per la caccia popolano la facciata del palazzo. L’edificio così diventa, grazie ancora a un “artificio d’artista” luogo della meraviglia, proscenio, appunto della messa in scena che vi è mirabilmente allestita con un certo richiamo all’estetica barocca.
Simona Tomasino