Consagra
Pietro Consagra, nato a Mazara del Vallo (Trapani) nel 1920, ha vissuto a Milano dove si è spento nel 2005.
Dopo aver compiuto gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, lo scultore mazarese Pietro Consagra entra a far parte di quel drappello di artisti siciliani che nell’immediato dopoguerra crea a Roma la prima risposta d’avanguardia al reazionario linguaggio artistico promosso negli anni del regime.
Il gruppo presto si divide per divergenze più formali che ideologiche, per cui Renato Guttuso e Aldo Pizzinato opteranno per un realismo dai forti messaggi sociali, mentre il nostro Consagra, assieme ai conterranei Carla Accardi e Antonio Sanfilippo (cui si uniranno, tra gli altri, Giulio Turcato e Piero Dorazio) aderirà al movimento astrattista “Forma 1” che riuscirà a conciliare nell’arco della sua esistenza, compresa tra il 1947 ed il 1951, impegno politico e pittura autoreferenziale.
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta sviluppa una ricerca di valori scultorei basata sulla riduzione della terza dimensione; originale tendenza all’appiattimento che nega la peculiarità della disciplina, presupponendo un unico punto di vista che è quello frontale.
La perentorietà delle prime opere e dei lavori di piccole dimensioni mutua col tempo e con l’aumento di scala in un calligrafismo bidimensionale basato sulla discontinuità tra la pesantezza della materia e i silenti vuoti da cui nasce uno iato formale che ne accresce le potenzialità liriche, strappando dalla virtualità onirica quei sintagmi compositivi che il surrealista Magritte aveva codificato in “La parure de l’orage” nel 1927.
L’interesse per ogni disciplina artistica lo spinge a proposte architettoniche che, testualizzate già nel 1969 con la “Città frontale”, tracimeranno la pura utopia per approdare alla realtà spaziale del Meeting di Gibellina, dove ha realizzato anche la famosa Porta del Belice, una stella di acciaio inox alta 24 metri (1981), ormai divenuta simbolo di tutta la valle.
Sua è La materia poteva non esserci, prima installazione di Fiumara d’Arte, una gigantesca doppia faccia bicroma in cemento armato la cui inaugurazione nel 1986 ha coinciso con la presentazione ufficiale del museo a cielo aperto.
L’opera Plastico in bronzo, del 1952, si pone nel periodo di maggiore adesione ai moduli astratti, vicina alle suggestioni formali tanto del Totem del 1947 quanto dell”Eroe greco” del 1949. Opera a metà tra la pittura e la scultura in cui evidente e drammatica è la carica semantica del materiale rafforzata dalla spietatezza formale.
La trama fitta, composta dai consueti morfemi dai contorni frastagliati delle sculture dei primissimi anni Sessanta che non concedono spazi al passaggio della luce, come in Miraggio Mediterraneo del 1961, col tempo si alleggerirà, sfrangiandosi per trovare un paritetico rapporto tra pieni e vuoti.
Elaborazioni successive placheranno le tensioni strutturali residue grazie all’uso del colore e di materiali meno “aggressivi” quali il legno, il marmo e la pietra.
Francesco Andolina